La storia del Banco Alimentare Campania è una storia di incontri ed amicizia

“Incontriamo ogni giorno la commozione di chi, come D. che gestisce una mensa da diversi anni, con numeri che crescono ogni giorno. Padri italiani separati con lavori saltuari che mangiano insieme a stranieri, molti musulmani, nella mensa della parrocchia. La vera integrazione, la comunione generata nel bisogno”.

I magazzini sono di circa 3500mq con celle frigo positive e negative per oltre 900m3.

All’inizio sembrava enorme ma adesso, con il vertiginoso aumento di richieste d’aiuto, non è più sufficiente. Occorrono spazi, mezzi, volontari per svolgere meglio il nostro lavoro e aiutare ancora più persone bisognose.

Ogni giorno, con automezzi in dotazione o con aziende di trasporto private, il Banco Alimentare Campania recupera prodotti alimentari integri ma che, per diversi motivi, non sono più commercializzabili (eccedenze di produzione, rotture delle confezioni, stagionalità, errori di confezionamento, fine promozione, etc.) dall’industria e della distribuzione agroalimentare. Inoltre sono anche gestite le donazioni di prodotti freschi dell’ortofrutta.

Le strutture caritative accreditate (Caritas, parrocchie, banchi di solidarietà, centri di ascolto, associazioni benefiche, mense per i poveri, centri di aiuto per unità di strada, servizi sociali), ritirano gli alimenti presso il magazzino del Banco. Le assegnazioni dei prodotti vengono effettuate in base alla tipologia di distribuzione (mense, consegna pacchi alimentari, empori, aiuto ad unità di strada) ed in base al numero degli assistiti.

All’udienza privata che il Papa ha concesso a Banco Alimentare, dinanzi alla descrizione della nostra opera e al milione e seicentomila persone che aiutiamo in Italia, si fermò e ci disse: “Ricordatevi sempre che non sono numeri, ma persone”. Ed è esattamente così.

Una cosa è parlare della vicina di casa il cui marito perde il lavoro e chiede aiuto ed altro è incrociare il suo sguardo sul pianerottolo ed aiutarla concretamente. Una cosa è dire delle tante persone aiutate e che poi hanno dato una mano, altro è vedere presentarsi al nostro  magazzino M. che ci dice: “Come posso dare una mano? Quando avevo bisogno mi avete aiutato e grazie a voi sono potuta andare avanti. Adesso che sono tornata a lavorare voglio essere io a dare una mano”.

A gennaio 2010, in Campania, aiutavamo 154.211 che, a causa del Covid, sono divenuti 228.314. Un aumento vertiginoso di richieste, un mare di bisogno al quale abbiamo tentato di rispondere con tutte le nostre forze e la nostra passione. Sono sicuramente tante, a volte sembrano troppe ma sicuramente non sono abbastanza. Tante sono le richieste ancora in lista d’attesa, alle quali, da settembre, cercheremo di dare risposta.

Nel 2020 abbiamo distribuito gratuitamente 8.238.553 kg di alimenti per un valore commerciale che supera i 20 milioni di euro. Nel 2021 il trend è in crescita e speriamo di poter recuperare e donare ancora di più.

Come dico sempre ai miei amici volontari, non è importante quanto tempo ma il gesto, la disponibilità, il cuore. Si diventa volontari non per farsi dire “grazie” da qualcuno ma per “dire” grazie della condizione in cui si vive. “E’ la gratitudine che genera operosità”, diceva don Giussani, fondatore del Banco Alimentare.

“La più grande povertà è la solitudine”, diceva Madre Teresa. Spesso, e non solo i giovani, finiscono per avere tanti “pseudo-amici” nei social per poi ritrovarsi sempre più soli. Come si può allora affrontare il problema della povertà se non in compagnia. La povertà non è solo alimentare. Spesso la povertà materiale è accompagnata da una povertà fatta di solitudine ed assenza di compagnia. Omero definiva il com-pagno (cum-panis) colui con il quale dividi lo stesso pane. Nella condivisione si scopre di più se stessi e ci si sente meno soli. Le persone che aiutiamo e quelle che ci aiutano ad aiutare sono nostri compagni di strada e con loro, dunque, dividiamo il pane. Questo è il Banco Alimentare

Sulla grande parete del nostro magazzino abbiamo scritto questa frase di Camus (de L’Annuncio a Maria): “Che vale il mondo rispetto alla vita? E che vale la vita se non per essere data? Forse che il fine della vita è vivere? (…) Non vivere ma morire e dare in letizia quel che abbiamo. Qui sta la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna”.

Camus non parla solo di donare ma di donare in letizia. Qui sta il segreto della vita, la gioia, la libertà, la grazia, la giovinezza eterna. Nella parola letizia si racchiude il segreto del donare. Qui sta la nostra gioia. In piccoli e grandi gesti. Fatti di camion che si scaricano e di pallets da mettere a posto. Perché dietro ogni pacco alimentare c’è il lavoro di tanti uomini e donne di buona volontà che donano ciò che hanno di più prezioso: il tempo. Dare il tempo è come dare un po’ della propria vita, perché il tempo non torna indietro, scoprendo che la vita va data per poterla davvero guadagnare. Così il pacco alimentare diventa uno strumento e non un fine. In fondo il lavoro del Banco è questo. Tirar fuori dalla solitudine attraverso un incontro profondamente umano.

 “Condividere i bisogni per condividere il senso della vita”. E’ il nostro claim. E’ quello che ci guida. Perché non si può pensare di condividere il senso della vita se non si è disposti a condividere i bisogni.

Come ho avuto modo di dire, occorre fare compagnia, non lasciare le persone alla loro solitudine, donare uno sguardo ed una speranza. Come ripeteva don Milani: “Non dobbiamo aver paura di sporcarci le mani. A che servirà avere le mani pulite, se le avremo tenute in tasca?”. Abbiamo imparato che il problema dell’altro è uguale al mio.  Uscirne tutti insieme é politica. Uscirne da soli é avarizia.

 

 

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